Clicca per ingrandire
da il Venerdì di Repubblica 02 aprile 2021:

PIERSANTI, LA NATURA SENZA IDILLI
Nei nuovi versi del poeta urbinate la fisicità di piante e fiori e il grande amore per il figlio
di Massimo Raffaeli


Rari i poeti che continuino a sentire la natura come dato primordiale dell’esistenza, rarissimi in Italia dove infatti rappresenta una eccezione Umberto Piersanti, che è tra i nostri maggiori. Candidato al Nobel nel 2005, vincitore lo scorso marzo del Premio Saba per la poesia, Piersanti è nato a Urbino nel 1941, cresciuto nell’altipiano delle Cesane, tra lo splendore della città feltresca e il mare visto sempre da lontano. Formatosi al tempo del Gruppo 63 e dunque di una poesia totalmente de-naturata, ha saputo mantenere tuttavia un profilo autonomo, uno stile dal segno netto e tridimensionale, una forte propensione al canto lungo una bibliografia che annovera, oltre a partiture in prosa e cine-poemi, una decina di raccolte cui ora si aggiunge il libro il cui titolo vale una insegna e insieme una dichiarazione di poetica, Campi d’ostinato amore (La nave di Teseo).

Classicamente, qui spazio e tempo scandiscono la percezione dell’esistere, con il senso di uno spiazzamento topografico e un sentire che aderisce alla fisicità dei fiori, delle piante, alla carnalità degli esseri umani, e che si immerge contemporaneamente in un tempo mitico, quasi fosse ancora popolato di pastori e di ninfe stupende alla maniera dell’Aminta del Tasso, che il poeta ha sempre ricordato come un classico per lui inaugurale: non per caso le raccolte che hanno rivelato Umberto Piersanti al grande pubblico, allora edite da Einaudi con l’avallo di Carlo Bo, si intitolavano, quasi inquadrando il suo sguardo tra le assi cartesiane, I luoghi persi (1994) e Nel tempo che precede (2002). E c’è un fiore, particolarmente, che rappresenta in emblema la poesia di Piersanti, il favagello che fiorisce in asincrono nel mese di febbraio, breve vampata di giallo che talvolta è possibile sorprendere tra la neve e le antiche pietre di Urbino. Perché la natura nella sua poesia non rappresenta una evasione appagata né fornisce un idillio rassicurante ma, piuttosto, predispone istanti di pienezza percettiva, ricordi di una trapassata o solo immaginata totalità del vivere, frantumi di un cosmo (la millenaria civiltà rurale e artigianale) che è comunque inevitabile richiamare.

In Campi d’ostinato amore è come se tornassero in circolo tutti i temi e i motivi del poeta, le sue Cesane, la magnifica invadenza della natura, i segni della storia nella polis urbinate, le ragazze e gli amici, la sua amata Annie, compagna e musa. Nel baricentro del volume, che ha un disegno circolare, una sezione richiama dolorosamente la ferita che non può cicatrizzare e dà un senso, nel presente, a tutto questo: “Jacopo del riso/e dello sconforto,/sei nella vita/quella svolta improvvisa/che non t’aspetti,/la tragica bellezza/che i tuoi giorni inchioda/al suo percorso”. Jacopo è suo figlio, autistico, la cui presenza aggiunge vita alla vita in uno spasimo che investe la parola facendola vibrare in un’eco illimitata.

 

 

Clicca per ingrandire



 
 
< Home >.. < Poetry > ..< Novels > ..< Critical Essays >...< TV> ..< Biography > ..< Press > ..
 
 
© Umberto Piersanti - Powered by Visystem
Best view I.E. 800 x 600

Home Page