da L'estate
dell'altro millennio:
(...) Qualche mese prime, il 3 novembre del '42, Ettore
era a El Alamein, nella divisione Folgore, schierata
a sud del costone di Ruveisat. (...)
(...) ...
prendili nei cingoli cazzo, sono i loro coglioni, lì
bisogna colpire, cristo!, non la terra e neanche le torrette
che non serve un cazzo! no, no bisogna aspettarli dentro
le buche e farsi sotto, oppure nascondersi negli avvallamenti
e attendere che passano, saltargli dietro e mettergli una
chicchera sulla schiena. Sì, sì ma dopo quelli
ti falciano con le mitragliatrici, le hanno sotto e ben
posizionate: da lì ti vedono anche un dito se lo
tiri fuori dalla terra, come madonna si fa ad andare oltre,
non è un'azione, è un suicidio! Tanto ancora
c'è qualche minuto: o ci si raccomanda l'anima o
si pensa a qualcosa di bello e lui Ettore appartiene alla
casta dei guerrieri, non dei sacerdoti, di fronte alla morte
deve pensare alla vita; bisogna crepare dando addio alla
vita da uomini: "a noi la morte non ci fa paura...",
no! non è vero, lui la paura ce l'ha e come. E se
il generale comandasse la resa? tanto che cazzo vale morire
lì tra la sabbia, la battaglia è persa, magari
anche la guerra è persa... arrenditi generale che
è meglio... meglio per te, meglio per tutti questi
figli di mamma. No, la sfiga è che sono qui tra questi
coglioni di paracadutisti che s'ero nella fanteria normale
da un pezzo me ne stavo là, nel campo degli inglesi,
a fumare e a mangiare le gallette che loro ce n'hanno a
mucchi, da buttare.
Poi gli venne in mente ch'era novembre, i primi di novembre:
l'anno scorso, ma un mese prima, verso Cerqueto Bono, che
camminata tra i filoni con Laura! Erano finiti tra le viti
di bersigana, quella grossa e rossa che ti si spiccica nella
faccia, ti macchia tutto: e lì stesi sotto le viti,
anche Laura gentile mordeva gli acini come una della Papuasia
e aveva le guance sporche, rideva con la bocca larga. E
si baciavano tra gli acini: lui uno l'aveva staccato coi
denti e schiacciato lieve sul seno scoperto, piano contro
il capezzolo chiaro, poi s'era messo a baciare e succhiare
capezzolo e acino... cristo com'era bello quel giorno, come
splendeva il sole sui pampini, su tutte le foglie, anche
per terra, tra l'erba e i gusci verdi delle noci! Quello
è il mondo, con la terra, l'erba, l'acqua, le donne,
non questo cazzo di sabbia col fuoco addosso e gli scorpioni
e poi con quei carri schifosi che vengono oltre, un pezzo
alla volta, ad ammazzarti. Solo che l'amore doveva farcelo,
o lì sotto le viti, o più giù verso
il fosso: doveva prenderla lì, stesa nell'erba dai
fiori gialli, coi merli e le ranocchie a far casino, col
vento che scompiglia i capelli a madonna Laura e lei con
le cosce scoperte e il volto rovesciato sulla terra che
dice:
"Sì, fallo, lo voglio..."
E tornò ad affacciarsi: un carro era ormai a cento
metri dalle prime buche, la morte a un minuto di distanza.
S'alzò un paracadutista e corse per raggiungere il
fianco del carro: ma cadde quasi subito sotto i colpi fitti
della piccola mitraglia posta sulla pancia del mostro. Il
carro scoppiò lo stesso, qualcuno da dietro era riuscito
a mettergli un confetto sulla coda. Poi ne scesero altri
due piano, fermandosi spesso e girando su se stessi: per
schiacciare le buche se lì sotto c'erano i nostri.
Dentro i carri, però, doveva essere cominciata la
paura: anche loro, i marziani, potevano morire e che morte
dentro la scatola d'acciaio! uno gli si dirigeva proprio
addosso: ormai non poteva più saltare fuori e prenderlo
di fianco! doveva aspettarlo sotto la buca, cristo sotto
la buca, scomparirci dentro! e ci si conficcò nella
sabbia, sentì i cingoli sopra. Dio, Dio mio, fa'
che non si metta a girare, che non mi schiacci!
Ma il carro proseguì: e lui allora gli corse dìetro
e gli appiccicò la mina e saltò giù:
altro che un tigrotto di Mompracem! e ce l'aveva fatta,
doveva correre, correre come un lampo alla sua buca o a
un'altra, l'aveva fatto secco a quello là e anche
la pelle la riportava a casa. Ma sentì caldo e sangue
alla schìena, si abbattè al suolo. No, cristo,
questo non ci voleva, era la morte, la morte vera! come
splendevano Laura le foglie delle querce quel gìorno!
no, non le rivedo più e neanche te e non abbiamo
neanche fatto l'amore!
Steso bocconi, girò leggermente la testa sulla spalla,
dal fianco usciva il sangue a fiotti, una fonte. E moriva
lì solo, nessuno che lo vedesse, nessuno che sapesse
sì cristo che lui sul carro c'era salito e l'aveva
fatto saltare, sì, solo con le mani. Ma questo a
che serve se poì non lo racconti, non giri con gli
amici sotto i portici e crepi subito dopo averlo fatto?
e Laura? l'avesse visto Laura saltare sopra il carro! invece
era lì solo e tutti gli amori, i viaggi, le tagliatelle
coi funghi alle Cesane, tutto perso per sempre, irrimediabilmente.
Laura non c'era e lui moriva solo: sentì le urla
dei compagni e deglì altri, quelli scesi dai carri
in fiamme, schiantati dalle raffiche dei nostri. Ognuno
muore solo, qui certo, ma anche forse nel suo letto. (...)